Adolfo Wildt
Parsifal (or Il Puro Folle)
Rappresentato nell’atto di schiacciare le serpi utilizzando la coppa del Santo Graal, il Parsifal di Wildt si ispira al leggendario eroe wagneriano e combina elementi manieristi con altri propri della scultura barocca. L’opera, commissionata nel 1930 dal banchiere Leo Goldschmied per la propria villa sul lago di Como, doveva essere alta sei metri e dominare uno specchio d’acqua nel giardino. Le oggettive difficoltà finanziarie impediscono il compimento della fusione, ma non impediscono all’imponente opera di essere presentata alla Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma nel 1931, dove suscita molte critiche.
Il grande modello in gesso rientra dopo la morte di Wildt a Milano, dove viene distrutto durante i bombardamenti del 1943. Si salvano solamente la testa, le mani e un piccolo modello in gesso con il braccio sinistro alzato, donati dagli eredi a Ca’ Pesaro. In seguito vengono fusi due esemplari in bronzo a grandezza naturale dell’opera, uno per il committente e uno per lo scultore. Oggi, uno di questi appartiene al Fondo Ambiente Italiano e l’altro alla collezione Carraro.
Bibliografia
Adolfo Wildt 1868-1931, Arnoldo Mondadori Arte, Milano 1989, cat. mostra (Venezia, Ca’ Pesaro, 8 dicembre 1989 - 4 marzo 1990), pp. 177- 178 (con bibliografia precedente); Elena Pontiggia (a cura di), Adolfo Wildt e i suoi allievi: Fontana, Melotti, Broggini e gli altri, Skira, Milano 2000, cat. mostra (Brescia, Palazzo Martinengo, 23 gennaio - 25 aprile 2000), pp. 122-123; Paola Mola (a cura di), Wildt. L’anima e le forme, Silvana Editrice, Cinisello Balsamo 2012, cat. mostra (Forlì, Musei San Domenico, 28 gennaio - 17 giugno 2012), pp. 250-253 (con bibliografia precedente); Adolfo Wildt. Le dernier symboliste, Skira, Parigi 2015, cat. mostra (Parigi, Musée de l’Orangerie, 15 aprile - 13 luglio 2015, Milano, Galleria d’arte moderna, 30 ottobre 2015 - 30 gennaio 2016), scheda a cura di Ophélie Ferlier, pp. 188-191 (con bibliografia precedente).