Il punto di vista del Museo

Gabriella Belli
Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE)

Le opere di Chiara e Francesco Carraro hanno trovato una nuova casa. Traslocate dal palazzo veneziano, dove per anni hanno partecipato come presenze vive alle vicende della loro vita, sigillo di un’invidiabile simbiosi di coppia, protagoniste di primo piano nella storia personale di questi due straordinari collezionisti, abitano da oggi le stanze del museo, preparandosi a un nuovo ruolo.

Nelle sale di Ca’ Pesaro queste magnifiche opere vivranno, infatti, non più nella relazione intima con il luogo e le persone che le hanno fin qui custodite, ma si prepareranno a un dialogo quotidiano con i visitatori e con le opere esposte nelle sale attigue. Rinasceranno a nuova vita, dovendo d’ora in poi assolvere a un ruolo “pubblico”, destinate dunque a formare il gusto, sollecitare pensieri critici e riflessioni estetiche, proporsi come oggetti di studio per nuove ipotesi storiografiche, ma sempre e comunque tra loro unite da un filo conduttore, che è la passione dei collezionisti che le hanno raccolte, cercate, amate e ora portate qui come un unicum, che il museo intende riproporre per preservare integro il valore identitario del loro essere parte di una sola collezione, pur in dialogo d’ora in poi con le opere esposte nel percorso permanente del museo. L’arrivo di questi oltre ottanta lavori rende facile la domanda del perché un’istituzione, già ricca di un importante patrimonio artistico, decida di aggiungere alle sue raccolte un nucleo di opere in comodato a lungo termine, pur di eccezionale qualità, come quelle di Francesco e Chiara Carraro. È una domanda alla quale serve dare risposta.

Innanzitutto non si può non ritenere che ogni acquisizione costituisca per il museo, qualunque esso sia, una sorta di rinascita. Nulla è più foriero di buoni progetti e di un rafforzamento della capacità formativa ed educativa di un museo, dell’ampliamento delle sue collezioni permanenti: nessuna mostra, per quanto bella e importante, può creare un dialogo critico permanente come, invece, può fare una raccolta che si amplia e si apre a nuove aree di ricerca. Il senso del museo è certamente nelle cose che fa, ma anche e soprattutto nelle cose che possiede, cioè nelle sue collezioni. Sono proprio le collezioni il segno tangibile del suo evolversi, fonte della sua attrazione per il pubblico, della sua capacità di proporsi come un luogo di studio e di ricerca, espressione della sua capacità di intrattenere rapporti virtuosi con la comunità di appartenenza e, più in generale, con quel mondo dell’arte che, visitando ripetutamente il museo, certo ama ritrovare i dipinti del “cuore” (chi venendo a Ca’ Pesaro non vuole ogni volta rivedere la Giuditta II di Klimt o il superbo gruppo di sculture di Rodin, per non dire di quelle di Medardo e del Rabbino di Chagall, o della stupenda tela, tutta aria e leggerezza, di Sorolla) ma altrettanto apprezza il constatare che il museo cresce e si arricchisce di nuovo patrimonio e dunque si apre a nuove istanze critiche, conquista nuovi territori di ricerca e anche la fiducia dei suoi abituali visitatori a tal punto, come in questo caso, da poter essere il luogo prescelto da taluno per destinare alla fruizione pubblica la propria collezione.

Siamo in presenza, infatti, non solo di una collezione in linea con il gusto della pittura italiana del primo Novecento esposta a Ca’ Pesaro, ma anche di una qualità che sopravanza in molti casi quella delle opere degli stessi artisti già presenti nel museo

Un’eventualità quest’ultima che sembra essere quanto mai preziosa nel caso della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, che all’incirca dagli anni Settanta non ha potuto incrementare con nuovi acquisti la propria raccolta d’arte, fatti salvi i doni di singoli artisti o altri depositi, nessuno però così straordinariamente coerente con il profilo collezionistico del museo come quello della Fondazione Chiara e Francesco Carraro.

Siamo in presenza, infatti, non solo di una collezione in linea con il gusto della pittura italiana del primo Novecento esposta a Ca’ Pesaro, ma anche di una qualità che sopravanza in molti casi quella delle opere degli stessi artisti già presenti nel museo, come nel caso delle due Nature morte di Giorgio Morandi, l’una del 1943 e l’altra del 1957 , o del de Chirico, La Notte di Pericle (1926), con i solidi geometrici che ancora riecheggiano le sue composizioni metafisiche, o, ancora, dei tre capolavori di Antonio Donghi, il più efficace narratore del Realismo magico italiano. Anche le sculture di Wildt e Martini fanno a gara per qualità con i superbi pezzi di proprietà di Ca’ Pesaro, aggiungendo al puzzle della collezione permanente alcune opere di assoluto rilievo come Parsifal (or Il Puro Folle) di Wildt e Il Bevitore di Arturo Martini, sculture che bene dialogheranno con quelle esposte nelle sale precedenti, a dimostrazione di quanto questi artisti furono centrali nel dibattito italiano degli anni Venti e Trenta. Anche il grande dipinto di Gino Severini (un artista che entra per la prima volta in collezione), il così detto Polittico Garagnani del 1957, sarà una vera scoperta per il pubblico di Ca’ Pesaro, splendido esempio di quella ripresa pur tarda, ma certamente ancora sorprendente per la vitalità che sprigiona, di molte soluzioni compositive adottate nei dipinti migliori dei suoi anni parigini, tra la lezione futurista, di cui fu uno dei più geniali interpreti, e quella del Cubismo di Braque e Picasso. Se i dipinti sorprenderanno il pubblico per la qualità e l’importanza storica, saranno soprattutto i vetri e i preziosi, rarissimi mobili, a dare al visitatore il senso compiuto della collezione Carraro, che nel connubio tra scultura, pittura e arti decorative trova la sua specifica identità, il suo unicum, fatto di un miscuglio sorprendente di ecclettismo raffinato e audace, di scoperte precoci e di un altrettanto ineffabile fiuto per la bellezza in ogni sua manifestazione artistica. Proprio questo sarà il valore aggiunto che la raccolta Carraro porterà a Ca’ Pesaro, aprendo un fronte collezionistico, quello delle arti decorative appunto, assente nelle sale del museo, un appassionante racconto di antichi e nuovi mestieri, di linguaggi ed esperienze artistiche lasciate spesso in sott’ordine rispetto alle arti visive tout court, e che, nel caso specifico, rimetteranno al centro Venezia e quella sapienza artigiana, che qui fiorì tra l’inizio del Novecento e i primi anni Settanta, in una lunga e fortunata stagione creativa.

Se i dipinti sorprenderanno il pubblico per la qualità e l’importanza storica, saranno soprattutto i vetri e i preziosi, rarissimi mobili, a dare al visitatore il senso compiuto della collezione Carraro.

Quello delle cosiddette arti decorative, di cui Chiara e Francesco Carraro sono stati tra i più raffinati cultori italiani, collezionando in tempi davvero non sospetti per l’apprezzamento di questo genere artistico pezzi d’inestimabile valore, è forse il capitolo che porterà maggiori novità nel percorso museografico di Ca’ Pesaro. Grazie ai magnifici vetri di Murano della loro raccolta, che portano la firma dei più grandi interpreti di quest’arte, da Zecchin a Barovier, da Martinuzzi a Scarpa, da Bianconi a Venini e a molti altri ancora, lo sguardo del visitatore scoprirà un mondo di maestria artigianale e d’indiscussa qualità e potrà valutare il ruolo che nel corso del Novecento la città e le sue isole ebbero nella rinascita di questo specifico settore e della sua fortuna nel mondo. La collezione Carraro dice molto di questo rilancio dell’industria muranese del vetro nel corso del secolo appena passato e di questa stagione il museo di Ca’ Pesaro diventerà, insieme e in accordo con la programmazione del Museo del Vetro, una preziosa vetrina nel cuore di Venezia. Grazie alla meravigliosa selezione Carraro di pezzi raffinati e rari, il pubblico potrà conoscere meglio la storia delle molte imprese muranesi che, aiutate anche dall’apertura nel 1932 del nuovo Padiglione Venezia, sorto nel cuore dei Giardini della Biennale e destinato da subito a presentare le eccellenze del settore artigianale italiano, vetro, tessile, merletto e mosaico in particolare, sfidarono con il talento e il virtuosismo dei primi disegnatori, degli architetti e soprattutto dei geniali maestri vetrai, il confronto internazionale, primeggiando nella tecnica, in vivacità creativa e innovazione stilistica, facendo dei loro manufatti i più preziosi e più ricercati del mondo.

Nello spirito di quell’ecclettismo raffinato che ispirò Teodoro Correr e la formazione della sua straordinaria raccolta d’arte donata alla città di Venezia, oggi riunita nella Fondazione Musei Civici, non possiamo dunque che felicitarci di questa nuova importante acquisizione, che è l’esempio concreto della fiducia che i cittadini ancora nutrono nei confronti delle Istituzioni veneziane. I Musei Civici non possono quindi che essere grati alla Fondazione Chiara e Francesco Carraro che li ha scelti come destinatari di tanta bellezza e testimoni di una vita vissuta in una stretta comunità di intenti e di passioni, dove l’arte è stata il vero, prezioso collante di un legame che nelle sale di Ca’ Pesaro ora si rinsalda, assecondando la precisa volontà testamentaria che Francesco aveva progettato e sognato con Chiara.

Gabriella Belli