Artista eclettico, Vittorio Zecchin si avvicina all’arte vetraria dopo un’intensa attività in campo pittorico, innamorandosi di quella materia luminosa, fluida e colorata, simile alle gemme.
Figlio di vetrai muranesi, nutre grande interesse per la cultura contemporanea e frequenta più edizioni della Biennale, dove scopre le opere di Toorop e Klimt a cui si ispira. Dal 1909 si lega al gruppo degli artisti secessionisti esponendo i suoi dipinti a Ca’ Pesaro.
Negli anni successivi diventa “compositore di vetri” in una fornace muranese, dove nasce l’amore per la lavorazione del vetro. La sua raffinatissima produzione vetraria rappresenta una svolta decisiva nel panorama muranese, ormai fermo sulla ripetizione di modelli desueti. Alla Biennale di Venezia del 1914 presenta una serie di piccoli vetri e murrine realizzati presso la fornace Artisti Barovier. Accanto a questa produzione, Vittorio Zecchin ne realizza un’altra, in serie limitata, connotata da forme semplici, con decori in oro e smalti, i cui soggetti sono ispirati dai suoi dipinti più noti.
Dal 1921 al 1925 è il primo direttore artistico della vetreria Vetri Soffiati Muranesi Venini & C. In quel periodo disegna i famosi vetri trasparenti, dei soffiati monocromi dalle forme eleganti, spesso ispirate all’arte vetraria classica veneziana del XVI secolo. Le nuove creazioni riscuotono grande successo alle Biennali di Monza (1923 e 1925) e all’Esposizione Universale di arti decorative e industriali di Parigi (1925). Negli anni Trenta collabora con varie fornaci, con le quali partecipa alle Biennali di Venezia, presentando lavori di ricamo. Nell'ultimo decennio della sua vita si dedica all’insegnamento, con cattedra in più scuole professionali veneziane.