Antonio Donghi

Roma 1897 — 1963

Conosciuta per l’originale legame con il Realismo Magico, l’arte di Antonio Donghi è un’equilibrata fusione compositiva e cromatica tra figure in primo piano e l’ambiente circostante.

Esordisce nei primi anni Venti dopo un breve apprendistato e i traumi della Prima Guerra Mondiale. Il clima artistico di quel periodo è ispirato da un generale ritorno all’ordine segnato da forti valori plastici e temi riconducibili alla pittura antica. Lo stile di Donghi si collega in linea diretta alla Neue Sachlichkeit, la Nuova Oggettività, corrente tedesca di cui condivide le linee guida e gli orientamenti pittorici e che raggiunse un notevole successo nel corso degli anni Venti. In quegli anni espone con continuità e successo alla galleria Pesaro con Casorati, de Chirico e Guidi e alla seconda Mostra d'Arte del Novecento italiano, riscuotendo l’attenzione critica di Roberto Longhi. La sua pittura è connotata da un’immobile realtà delineata da uno sguardo malinconico e incantato, come nelle opere La Cocottina e La partenza degli amanti presenti in Fondazione. È uno sguardo che talvolta viene attenuato da coloriture più dolci e pastello, ne è un esempio Le Villeggianti sempre appartenente alla Fondazione Carraro.

Negli anni successivi Donghi espone alla Biennale di Venezia (1928 e 1932) e alla Quadriennale di Roma (1931, 1935 e 1943). Nel Secondo dopoguerra, in un mutato clima politico e culturale, la sua arte trova ancora accoglienza alla Biennale (1952 e 1954) e alla Quadriennale del (del 1951, 1955, e 1959) con toni poetici più attenuati.