Adolfo Wildt

Milano 1868 — 1931

Tra i più celebri e celebrati scultori del Novecento, Adolfo Wildt mescola neoclassicismo, echi tardo romantici, influssi secessionisti e art nouveau, in una mirabile commistione tra antico e moderno.

Si forma nell’ambiente dell’Accademia di Brera che frequenta a più riprese. Dopo un esordio faticoso, nel 1894 incontra il collezionista prussiano Franz Rose, che gli assicura una certa sicurezza economica per ben diciotto anni. Su questa fondamentale relazione Wildt può consolidare la sua carriera d’artista. Rose lo mette inoltre in comunicazione con il brillante ambiente monacense, luogo d’origine del movimento moderno assieme a Vienna, Parigi e Bruxelles. In quegli anni frequenta la scena tedesca tra Zurigo, Dresda e Berlino.

Poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale rientra in Italia, dove la sua carriera procede tra entusiasti ammiratori e ostili stroncature. L’opera Vir tempori acti è proprio del 1914, esposta in Fondazione insieme al potentissimo Parsifal, eroe wagneriano, e al rilievo La Vergine allatta i pargoli cristiani che completa l’importante fondo Wildt presente a Ca’ Pesaro. L’adesione al fascismo complica le opinioni critiche per molto tempo, sino agli anni Ottanta quando si assiste ad una importante rivalutazione delle opere.